Incontri
Ero seduta
tranquilla in un bar del centro di Berlino ancora stanca della notte corta.
Stavo bevendo il mio caffelatte quando entra questa donna alta, bella,
imponente. Era bionda, un colore quasi argento, un biondo brillante che
risaltava sopra il suo cappotto nero.
I suoi occhi
erano di ghiaccio, osservavano il nulla e si guardava in giro come se non ci
fosse nessuno.
Portava un
cappellino grigio e nero, era poco truccata, sicuramente aveva più anni
di quelli che dimostrava.
Si siede al lato
di una coppietta molto giovane, seduti uno in fronte all’altra.
Guarda il menu,
si toglie la giacca e il cappellino, riprende il menu. Si avvicina il cameriere.
Non sento ciò che
ordina, mi rigiro, noto che ha incontrato il mio sguardo. Abbassa il suo e
rapidamente prende la borsa in mano. Cerca qualcosa.
Prendo in mano il
mio telefonino per fare qualcosa, ma la strana signora era più interessante.
Bevo il mio
caffè. Squilla il suo telefono. Parla russo.
Mi sarebbe
piaciuto parlare russo, sapevo dire i numeri una volta, poi ho dimenticato
tutto.
Mi guardo
intorno. La giornata si svegliava rapidamente, un vento fresco entrava ogni
volta che qualcuno entrava e si apriva la porta. Mi allaccio la giacca.
Mi giro, sta
ancora parlando.
Finisco il mio
caffelatte. Faccio un cenno al cameriere perché mi porti il conto.
Spingo la tazza
al lato.
Era anni che non
tornavo a Berlino, che non stavo in un “cafè” di quelli tipici tedeschi con
torte alti come un grattacielo e caffelatte enormi. Un piacere tornare, un
piacere ricordare.
Vedo la donna
bere da una tazzina bianca, una fetta di torta alla frutta la aspettava con una
forchettina al lato.
La guardo, spegne
il telefono.
Con un movimento
lento prende una bustina di zucchero, la apre e la mette nel suo caffè.
Mi guarda.
Sorride.
Mi rigiro.
Entra un uomo
basso e magro, elegante, quasi calvo, velocemente si siede davanti alla russa e le sorride. Parlano in tedesco,
senza accento.
Si scambiano
frasi scarse, lui parla di più felice e contento, le tocca la mano, lei la
toglie di scatto. Non lo guarda. Accarezza e fissa la tazza.
Lui si siede al lato, cerca di baciarla, lei le gira la faccia senza tante mosse. Le parla rapidamente senza fiato.
Non sento bene
ciò che dice, sento pena, sento emozioni, sento la sua voce pallida accarezzare
l’aria.
Mi alzo e vado alla
cassa.
Lascio i soldi in
un piattino di vetro che usano per il cambio.
Aspetto il resto.
Mi allaccio bene
la giacca.
Lui non la
accarezza più. Si alza ed esce.
La russa va
avanti a accarezzare la tazza come se non fosse successo nulla.
Vedo una lacrima
che le riga il viso. Sento pena, sento il dolore.
Cerco nella mia
borsa un fazzoletto.
Mi avvicino a
lei, le offro un fazzolettino di carta. Mi guarda incerta. Mi sorride piangendo,
afferra un fazzoletto.
Fa un cenno con
la testa per ringraziarmi.
Rimango pochi
secondi a fissarla, faccio un cenno con la testa e sorrido.
Mi giro ed esco.
I giorni possono
essere più caldi di ciò che sembrano a Berlino.
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